Parco delle Mura, Genova: un corridoio ecologico

Sono giorni che vado e torno dal Parco delle Mura, anfiteatro naturale alle spalle di Genova, al centro delle due valli dominanti chiamate Val Polcevera e Val Bisagno.

Il parco è dal 2008 area naturale protetta di interesse locale, e custodisce centinaia di specie vegetali inserite in un ecosistema integrato bosco-prateria-macchia mediterranea, oltre che a ospitare la sua fauna locale composta per lo più da mammiferi, lepidotteri e rapaci.

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Che cosa si intende per area protetta?

Il termine “area protetta” ha assunto nel corso degli anni un significato sempre più vasto, infatti, alla definizione iniziale che indicava un luogo che veniva tutelato e protetto per conservare il proprio patrimonio naturale, oggi si aggiunge la consapevolezza che le aree protette devono essere veri e propri laboratori di sostenibilità.

In tal senso compito importante degli enti che gestiscono le aree protette è quello di assicurare al territorio uno sviluppo sostenibile, ovvero di riuscire a rendere compatibili le azioni di sviluppo economico (commercio, attività produttive e turismo) con la tutela del paesaggio, l’uso sostenibile delle risorse naturali e la conservazione della biodiversità. ( WWF )

Come informarsi sui parchi in Italia e nel mondo?

Rete Natura 2000

Nel 1992 l’Unione Europea ha avviato la costituzione di una rete continentale di siti di interesse comunitario, per la protezione e la conservazione di habitat e specie animali e vegetali, identificati come prioritari dai singoli Stati membri nel quadro della Direttiva Habitat e della Direttiva Uccelli (le specie di interesse comunitario sono quelle in pericolo di estinzione, rare o endemiche, cioè tipiche di un territorio, mentre gli habitat di interesse comunitario sono quelli che rischiano di scomparire, hanno un’area di distribuzione ridotta o sono esempi di tipicità).

 

Federparchi

La Federazione Italiana dei Parchi e delle Riserve Naturali (Federparchi) è un Ente non commerciale associativo culturale e di promozione costituito per rappresentare gli enti gestori delle aree naturali protette italiane.

La Federparchi rappresenta quindi le aree naturali protette italiane aderenti – ad oggi oltre 300, gestite da 140 soggetti: parchi nazionali, parchi regionali, riserve terrestri e marine, oasi faunistiche, etc. – delle quali coordina programmi, progetti, iniziative, indirizzi gestionali. Della Federazione fanno parte anche associazioni ambientaliste (WWF, Legambiente, CTS, LIPU, Italia Nostra) e amministrazioni pubbliche territoriali che gestiscono aree naturali protette (regioni, province, comunità montane).

 

Continua il racconto

Porto con me poco, l’indispensabile per appoggiarmi leggero ai sentieri di costa e mezza costa, e proprio oggi mentre osservavo con il mio binocolo una poiana di ronda ho incontrato Alessandro, un giovane a me familiare.

Lo avevo notato qualche giorno prima ristorarsi all’interno del Forte Fratello Minore, e salutandoci abbiamo detto: “Il parco è una realtà culturale, un corridoio non solo di ecologia e biodiversità, ma un punto di incontro della diversità: è un luogo di tutela e mantenimento.”

Nel caso del Parco delle Mura siamo di fronte ad un binomio di notevole importanza.

Qui, oltre al patrimonio vegetale, vengono custoditi manufatti storici, tecnici e di natura architettonica relativi alle fortificazioni e cinte murarie che la Repubblica di Genova eresse per mantenersi protetta.

Non è semplice separare questi due aspetti del parco, per coglierne il potenziale e rimetterli assieme nel loro delicato equilibrio. Cultura e natura vivono da sempre lo stesso mondo.

Ci si può rendere conto di come le nostre necessità di costruzione, manipolazione e alterazione abbiano trovato ospitalità nel territorio, creando un paesaggio armonico, sostenibile e ancora oggi fruibile.

Oggi non sembra che le nostre opere di costruzione tutelino il territorio, ma che ne diminuiscano la resilienza riducendo sempre più la capacità di carico dell’ambiente.

Sono sbalordito!

Il parco è splendido e vario. Da qui vedo i monti e sento la brezza alpina, l’aria mi sala e fa venire voglia di scendere al mare, per le creuze, per botteghe, ciottoli, mormorii e panni stesi.

 

 

 

 

AL VIA IL MEETING NAZIONALE DI AIGAE (Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche) Turismo sostenibile, inclusione e recupero sociale, parchi aperti per tutti i temi principali

Al via il meeting primaverile AIGAE, (con il patrocinio del Ministero della Transizione Ecologica) anche per questa edizione on line, con workshop ed iniziative riservate ai soci, ed eventi aperti al pubblico, che vedono la partecipazione di presidenti e direttori dei principali parchi nazionali, di Federparchi, delle Aree protette, del Comitato IUCN, delle associazioni ambientaliste italiane: Legambiente, Wwf e Lipu.

Uno spazio importante quello del 16 Aprile alle ore 9:30, dedicato a tutti coloro i quali abbiano a cuore il sistema delle aree naturali protette del nostro Paese:

A 30 anni dall’entrata in vigore della L. 394/91: Parchi sempre aperti per tutti, il ruolo delle Guide e del turismo sostenibile” il workshop coordinato da Nino Martino, direttore di AIGAE e Guida Ambientale, cui sono chiamati ad intervenire presidenti e direttori dei principali parchi nazionali, di Federparchi, delle Aree protette, del Comitato IUCN, delle associazioni ambientaliste italiane: Legambiente, Wwf e Lipu.

Le conclusioni saranno a carico di Davide Galli, Presidente Nazionale dell’Associazione

La partecipazione è possibile tramite pre-registrazione con l’apposita funzione “MODULO ON-LINE PER ISCRIVERSI ALLE INIZIATIVE E AI CORSI AIGAE” a partire dal relativo pulsante nell’home page del sito istituzionale o al seguente link:

https://www.aigae.org/corso-subscription/

In data 2 Aprile si è tenuta la prima parte del meeting AIGAE con il webinar “Esperienze di Natura inclusiva – recupero sociale – scoperta dell’ambiente” che ha visto una grandissima adesione – oltre 400 i soci partecipanti – coordinato da Guglielmo Ruggiero, guida e vicepresidente Aigae con gli interventi di Roberta Cortella, Organizzatrice di cammini rieducativi, regista del documentario a puntate “Boez, andiamo via” (Rai3, 2019) e di Marco Saverio Loperfido, la guida Aigae che ha accompagnato da Roma a Santa Maria di Leuca, per 900 km, sei ragazzi provenienti da realtà difficili, quali il carcere o gli arresti domiciliari, cammino che è raccolto in questo documentario. Altri interventi a cura di Carlo Mazzerbo, direttore casa circondariale di Livorno e sezione di Gorgona isola e di Giulia Sirgiovanni, guida, Vicepresidente Istituto Pangea Onlus: l’ interpretazione ambientale come strumento per superare tutte le barriere.

Il meeting sarà inoltre l’occasione per il rendiconto annuale del bilancio a tutti i soci e per l’illustrazione alle Guide di Active Italy: una rete di imprese di tour operator italiani a rappresentare il turismo attivo e sostenibile

Querce d'Italia

In Italia vegetano una decina di querce indigene. 🌳

Spesso si presentano con un portamento imponente anche se ci sono specie arbustive.

Le foglie, alterne, sono talvolta lobate, talvolta dentate e sulla stessa pianta possono avere forme differenti, per la differenza del fogliame giovanile rispetto a quello adulto. 🍃

Le querce (Quercus) appartenenti alla famiglia delle Fagacee, sono piante monoiche, ovvero la stessa pianta porta sia i fiori maschili che quelli femminili. I fiori maschili sono riuniti in amenti di colore giallo, quelli femminili sono di colore verde. Il frutto è la ghianda.

Uno dei sistemi di classificazione delle querce si basa sulla maggior o minore persistenza delle foglie sulla pianta per cui possiamo distinguere querce a foglie persistenti (sempreverdi), semi-sempreverdi (cadono tardivamente in inverno) o caduche.

Esse sono generalmente molto longeve. Esistono, infatti, esemplari che superano i 500 anni di età e possono raggiungere anche i 30 metri di altezza.

Alcune specie di quercia
Una galla con ghianda e foglia di roverella
Una galla con ghianda e foglia di roverella

Una fighissima galla delle querce 🌳

Può formarsi su varie parti della pianta. È generata dalla parassitosi di funghi, batteri, insetti o acari. 🦠

Potrebbe essere definito un “tumore” in quanto consiste in una proliferazione delle cellule vegetali della pianta stessa.

In questo foto potete notare attaccata alla galla una foglia di roverella (Quercus pubescens), che è la specie di quercia più diffusa in Italia tanto che in molte località è chiamata semplicemente quercia. 🤷‍♂️ E’ una specie semi-sempreverde, cioè mantiene le sue foglie lobate (con pagina fogliare inferiore densamente pelosa) marroni anche d’inverno. 🍂

E’ di medie dimensioni a crescita molto lenta, vive in genere 200-300 anni ma alcuni esemplari possono raggiungere età molto 😯 più avanzate.

Ghianda di fragno
Ghianda di fragno

Questa è una bellissima ghianda di fragno 🌳 (Quercus trojana Webb).

Questa quercia in Italia è presente solo in Puglia (sulle Murge) e in Basilicata (nella zona della Murgia Materana).

Si tratta di un albero semi-sempreverde: in autunno le foglie, lunghe e dai margini seghettati, seccano 🍂 ma non cadono;

a primavera vengono sostituite dalle nuove in maniera che la chioma non rimanga mai spoglia. 💚

La grossa ghianda è racchiusa nella caratteristica cupola spinosa, molto spessa 😍

Cerro
Cerro

Cerro (Quercus cerris), specie decidua 🍂 a rapida crescita, molto presente in Italia.

E’ una pianta maestosa dalla chioma ovoidale, molto decorativa; il legname non è particolarmente pregiato rispetto alle altre querce nostrane, per via della mancata presenza di tannini che ne determinano una scarsa resistenza alle avversità.

Le sue ghiande sono caratteristiche per il cappuccio parzialmente ricoperto di una sorta di grossolana peluria riccioluta, di colore giallino chiaro, di cui sono rivestite anche le gemme, ciò che ne consente il riconoscimento in ogni stagione 🧐

Quercia spinosa
Quercia spinosa

La Quercia spinosa (Quercus coccifera) è una pianta sempreverde a portamento arbustivo-arboreo, con foglie persistenti, coriacee, lisce, con margine caratterizzato dalla presenza di spine ben evidenti. Il suo nome deriva dal latino coccum, termine genericamente usato per indicare le cocciniglie. Dato che la specie è attaccata, nelle aree calde, da una cocciniglia 🐞da cui si estrae un colorante rosso.

Può esser facilmente confusa con le forme giovanili del leccio che però presenta foglie pelose. Altro elemento di distinzione sono le ghiande della coccifera, solitarie o appaiate. con cupola coperta di squame spinescenti. 🗡

Leccio
Leccio

Il leccio (Quercus ilex) , è un albero sempreverde 🍃 maestoso, tipico delle zone submediterranee. Può raggiungere in condizioni ottimali i 20–30 m di altezza e si può trovare dalle macchie costiere fino in montagna 🔝(ad es. sull’Etna fino a 1800 m).

Le foglie sono semplici, a lamina coriacea a margine intero o dentato, molto variabile nella forma che va da lanceolata ad ellittica con pubescenza (pelosità) sulla pagina inferiore.

Le sue ghiande sono coperte dal cappuccio provvisto di squame ben distinte.  Maturano nello stesso anno della fioritura, in autunno.

La ghiandaia
La ghiandaia

La diffusione spontanea abbastanza rapida delle querce è dovuta anche grazie a un amico molto speciale: la ghiandaia. 🐦

Il suo nome deriva dalle sue preferenze alimentari, appunto, le ghiande. Questo corvide per l’inverno raccoglie soprattutto il frutto delle querce, 🌳 nascondendo le sue provviste nel suolo del sottobosco e delle campagne.

Alcune di queste ghiande vengono recuperate e mangiate, anche nella primavera successiva, ma altre restano abbandonate dando luogo a nuove piante di quercia, anche molto lontano dal luogo di maturazione e caduta della ghianda dall’albero. Quindi  effettuando involontariamente una semina perfetta.

L’uso delle querce

Da tempi oramai remoti, la quercia simboleggia la forza e la robustezza: il genere botanico Quercus significa letteralmente “albero bello” dalla traduzione celtica.

E’ una pianta di vario utilizzo, a seconda della specie, il legno di alcune è apprezzato ed utilizzato come legna da ardere, per l’ottimo valore calorifico e lenta combustione.🔥  Di altre è considerato pregiato e viene utilizzato, oltre che nella fabbricazione di mobili, nell’edilizia, per travature, parquet, nei cantieri navali, nella costruzione di doghe per botti per l’invecchiamento dei vini e altre bevande alcoliche, ed anche per la costruzione di bare. ⛵

Le ghiande sono cibo non solo per alcuni animali 🐷🐗🐿🐦 ma anche per noi, in passato nei periodi di carestia, per fare una specie di pane o piadina di ghianda. 🍞

Infatti per renderle commestibili, si facevano prima essiccare al sole, poi lasciate per diversi giorni sotto l’acqua corrente o bollite per eliminare il tannino (causa del gusto amaro e della presenza di alcune sostanze tossiche), si attendeva che si asciugassero per bene, si pelavano, si tostavano e si macinavano con apposite mole in pietra ottenendo una farina.

Progetto "Trekking Virtuali"

TGR Lazio 30-5-2020: Samuele Giancarlini
Su Rai3 la #GuidaAmbientaleEscursionistica Samuele Giancarlini, parla dei propri tour virtuali ma anche di quelli dei colleghi. E con grande orgoglio di appartenenza ribadisce più volte il ruolo di AIGAE Associazione Italiana Guide Ambientali Escursionistiche.
Qui sotto trovate il link del servizio:

Terminillo Stazione Montana (TSM) – Un progetto fallimentare

Terminillo Stazione Montana: un progetto fallimentare non solo per l’ambiente, ma anche per l’economia.

Come è noto, il progetto Terminillo Stazione Montana (TSM) è già stato bocciato due volte dalla Regione Lazio a causa del devastante impatto sul territorio, ma è stato riproposto dalla Provincia di Rieti nel Dicembre 2019 con modifiche cosmetiche che non eliminano le criticità ambientali, paesaggistiche e quelle relative alla sostenibilità economica dell’investimento pubblico.

Potrebbe sembrare singolare che associazioni appartenenti al mondo ambientalista motivino la loro contrarietà contestando la redditività economica di questo progetto, ma non è così; i progetti maggiormente impattanti sull’ambiente sono infatti quelli fallimentari, perché erodono risorse ambientali e paesaggistiche senza offrire benefici economici di sorta. E purtroppo il TSM appartiene a questa categoria. Non si tratta di una affermazione gratuita, ideologica o retorica, veniamo ai fatti.

Per chi abbia la pazienza di leggere gli studi economico-finanziari allegati al progetto TSM, l’ultima pagina rivelerà una sorpresa.  Contiene infatti un disclaimer (disconoscimento) in cui l’autrice degli studi afferma testualmente quanto segue: “Il documento è stato redatto esclusivamente sulla base delle informazioni raccolte nel corso delle riunioni con la provincia di Rieti, della mail ricevute dalla Provincia di Rieti e dall’arch. Fabio Orlandi” e che di conseguenza “non si assume la responsabilità, né si fornisce alcuna garanzia per quanto riguarda la veridicità, l’accuratezza e la completezza delle informazioni contenute nel presente documento”, precisando infine come” i destinatari di questo documento si assumono la piena ed esclusiva responsabilità di qualunque azione che lo stesso intraprenda facendo affidamento sul contenuto del presente documento”.

Significa essere faziosi il far notare che uno studio economico-finanziario disconosciuto dalla stessa autrice non induca molta fiducia sulla sua redditività? Ma forse molti non lo hanno letto questo disclaimer, perché da fine Aprile ad oggi si sono moltiplicate sulla stampa locale le dichiarazioni di piena adesione del TSM. CGIL, CISL e UIL affermano in un articolo (30 Aprile) che il TSM attiverà 4.558 nuovi posti di lavoro; ma il TSM dichiara di assicurarne 17 a tempo indeterminato e 87 stagionali, e quindi come si arriva a questa cifra così allettante? Semplice, applicando un fattore moltiplicativo, quindi ipotizzando che ogni singolo addetto (anche stagionale) agli impianti metta in moto un indotto di 53 altri addetti nei settori ricettivi, commerciali, così come indicato da una società nel recente rapporto Skypass Panorama Turismo, una fonte citata nello studio di fattibilità economico -finanziaria del TSM sulla cui attendibilità si è già detto.

Ma c’è di più. Nel medesimo articolo viene avvalorata l’ipotesi che ogni euro speso da uno sciatore per gli impianti di risalita ne induca altri 10 spesi in attività quali shopping, ristoranti, alberghi, divertimenti vari. Considerato che nell’ultima stagione uno skipass giornaliero costava al Terminillo 28 euro, i sindacati si attendono che una famiglia di quattro persone, passando un weekend al Terminillo, spenderà 224 euro per gli impianti e 2.240 euro di indotto, ovvero circa 2.500 euro circa. Saremmo lieti che gli estensori di queste affermazioni specificassero quanto consistente sia oggi (ma anche domani) in Italia la platea di famiglie in grado di sostenere questi livelli di spesa al Terminillo. Viene da chiedersi in quale Italia crede di vivere chi amplifica queste ipotesi che il buon senso rigetta.

Sempre il 30 Aprile, una esponente della Lega reatina valuta il TSM come “una grande opportunità per il Lazio” (Lega reatina, 30 Aprile), poi UGL manifesta la “piena adesione al progetto”, le pro-loco di Leonessa, Cantalice e Terminillo indicano il TSM come “ultima speranza per i nostri territori” (2 Maggio) e la Coldiretti (13 Maggio) definisce il TSM come “una occasione per promuovere la sostenibilità del made in Rieti”.

I fatti sono molto diversi. Sotto il profilo occupazionale la realizzazione del progetto appare deludente rispetto alle attese e risibile se confrontata con altri investimenti di pubblica utilità. A regime, il TSM prevede l’assunzione di 17 dipendenti (e 87 stagionali). Ne deriva che esso assorbe 2,9 milioni di € per ogni nuovo posto di lavoro a tempo indeterminato creato. Tale ingente ammontare di risorse pubbliche, ben superiore ai valori medi nazionali riferiti a progetti co-finanziati (circa 56 mila €/per nuovo occupato), dovrebbe indignare chi ha a cuore la buona gestione delle risorse pubbliche alla cui raccolta hanno in buona misura contribuito i lavoratori. E qualcuno dovrebbe chiedersi se non esistano modi migliori di impiegare 20 milioni di euro, che andranno per l’acquisto di impianti (non certo prodotti da ditte locali) che rimarranno inutilizzati.

Forse è ora – ma meglio tardi che mai – di vedere in faccia la realtà.

Il TSM ha come posta di avvio 20 milioni di euro d’investimento pubblico iniziale (in parte già spesi nelle ripetute progettazioni) ma non è stata definita dai proponenti (prima tra tutti la Provincia di Rieti) una strategia d’investimento per colmare i circa 30 milioni che mancano al programma di interventi per avviarsi. E non è stata spesa una parola per spiegare come gli sciatori annuali del Terminillo – che negli ultimi anni sono oscillati tra le dieci e le ventimila presenze – dovrebbero divenire circa 280 mila attraverso un radicale drenaggio dalle altre stazioni sciistiche dell’Appennino, in crisi anch’esse. Si consiglia in proposito la lettura del documentato rapporto Nevediversa 2020 di Legambiente, certamente più autorevole di quello citato nel TSM.

La stazione meteo C. Jucci, posta a 1700 m sul M. Terminillo, ha registrato dal 1958 ad oggi, in media, la perdita di un giorno l’anno di neve sciabile. Questo dato risulta ancora più preoccupante dopo la stagione invernale appena conclusa (2019/2020) nella quale non si è registrato un solo giorno in cui le precipitazioni nevose abbiano garantito sufficiente neve sciabile al suolo.

Si dirà che oggi esiste l’innevamento artificiale; certo, ma non è gratis ed in più ha necessità di acqua e di adeguate condizioni climatiche.

In merito agli impianti di innevamento artificiale programmato, che vengono dai proponenti ritenuti risolutivi per sopperire alla mancanza di precipitazioni nevose (che per altro presuppongono basse temperature operative), si omette di rappresentare all’opinione pubblica gli alti costi che tale pratica comporta. Tale dimenticanza non è casuale. Il costo unitario di ogni singolo intervento di innevamento artificiale è infatti stimabile in oltre 1.1 milione di €, in linea con i costi sostenuti a metro cubo delle località alpine per 92.8 ha. di piste, quali dovrebbero essere quelle del TSM.

Chi si farà carico di tali costi? Perché i proponenti non ne parlano?  

Eppure, per permettere i flussi turistici previsti dal progetto tali interventi dovrebbero essere ripetuti per tre mesi invernali almeno due volte al mese (in base ai dati della neve al suolo registrato nell’ultimo decennio del Centro C. Jucci del Terminillo) con un costo certamente ben superiore a 6.6 milioni €, di cui solo 526mila sono previsti nel progetto.  Pertanto, chi si farà carico dei restanti 6 milioni di spese, ammesso che l’innevamento artificiale sia praticabile dato l’aumento delle temperature invernali del Terminillo? Si precisa che tra i nuovi impianti previsti uno solo raggiunge la quota non certo elevata di 1900 mt. Sorprende inoltre che nessuno degli intervenuti in favore del TSM abbia rilevato criticità sulla concreta capacità esecutiva del progetto da parte del consorzio incaricato della sua realizzazione e gestione (SMILE&Co) alla luce del pignoramento e messa all’asta delle quote societarie della “TSM Spa” (Corriere di Rieti 20/01/2016), società che nel consorzio funge da componente tecnica.  

Chiudiamo con una facile profezia: il TSM non passerà, e se non passerà non sarà colpa delle associazioni che lo hanno contrastato – finora le uniche a guardare in faccia la realtà – ma perché si tratta un progetto sbagliato, pensato nel posto sbagliato.

Sicuramente ci sarà chi accuserà le associazioni di essere la causa della bocciatura del TSM, ma diciamo fin da ora che si tratterà di accuse ipocrite, strumentali ed interessate; le associazioni non hanno alcun potere di veto, hanno solo richiesto il rispetto delle norme paesaggistiche e ambientali che tutte le amministrazioni pubbliche dovrebbero rispettare e hanno solo rivelato una inconsistenza del TSM che è di esclusiva responsabilità di chi lo ha concepito e portato avanti contro ogni logica e ragione.

Ma il discorso non terminerà con la bocciatura del TSM; il Terminillo rimane una enorme risorsa per il Reatino, da interpretare e valorizzare con occhi diversi; e a questa nuova prospettiva siamo disponibili con entusiasmo a contribuire.

Nota di WWF Lazio,  FederTrek – Escursionismo  Ambiente, G.U.F.I. Gruppo Unitario per le Foreste Italiane, Club Alpino Italiano GR Lazio, Italia Nostra – Sabina e Reatino,  Mountain Wilderness Lazio, Salviamo il Paesaggio Rieti e Provincia, Postribù, Inachis sez. Gabriele Casciani Rieti, Altura Lazio, Salviamo l’Orso: il tema è il Terminillo e il progetto di rilancio “Terminillo Stazione Montana”.

WWW, WOOD WIDE WEB…il grande segreto della natura!

I REGNI DEI VIVENTI

L’Homo Sapiens, anzi Sapiens Sapiens come amava definirsi, ha classificato gli esseri viventi sulla terra in cinque/sette regni assegnando virtualmente ad ognuno di loro un livello gerarchico e ponendosi naturalmente in cima come a dire “noi siamo al vertice di tutto”. Ma siamo sicuri che tutto questo sia corretto?

IL REGNO DELLE PIANTE, WWW, WOOD WIDE WEB

Da sempre associamo l’intelligenza ai Sapiens e a pochissimi animali, se invece pensiamo all’intelligenza come propagazione della specie, risolvere problemi, sensibilità e condivisione, le Piante non possono certamente essere da meno, anzi. Una delle prime cose da osservare è che la Pianta vive grazie alla cooperazione, il Wood Wide Web, mentre il Sapiens in base ad una scala verticistica. Ciò vuol dire che se togliamo la testa, cioè il vertice, la cultura non progredirà ed a stento regole e senso di appartenenza riusciranno a progredire o continuare ad esistere. Consideriamo anche il fatto che le Piante potrebbero benissimo vivere senza di noi mentre noi Sapiens non potremmo fare altrettanto senza di loro, il solo respirare non sarebbe possibile.

L’INTELLIGENZA DELLE PIANTE

Le piante hanno un’intelligenza diversa dalla nostra ma noi, probabilmente, non siamo in grado di comprenderla per due fattori. Il primo è che siamo presuntuosi ed il secondo perché siamo animali e pensiamo che l’intelligenza sia il frutto di un lavoro di un organo, in questo caso il cervello. Le Piante, invece, non hanno organi singoli o doppi in quanto le funzioni che il Sapiens ha concentrato negli organi, le piante le hanno distribuite sull’intero corpo. Prendiamo ad esempio in considerazione una singola radice, questa è in grado di percepire qualcosa come 20 parametri chimici e fisici in continuazione. Se pensiamo che un apparato radicale di una singola Pianta è formato da milioni/miliardi di radici, ben comprendiamo che la capacità di senso è quindi inarrivabile per noi Sapiens.

ALCUNE CONSIDERAZIONI

La biomassa, cioè tutto quello che è vivo sulla terra, è composto dalle Piante per circa l’85% e solamente dallo 0,3% da tutti gli animali, capiamo bene che la vita sulla terra non è la nostra ma, sopratutto, quella delle piante. Uno dei problemi principali per il quale non vediamo le Piante è perché siamo abituati a vedere solamente ciò che è simile a noi, per questo motivo ci viene spontaneo pensare di essere superiori a tutti gli altri esseri viventi. Se però riflettiamo bene e cerchiamo di comprendere cosa rende migliori alcune forme di vita rispetto ad altre, ci viene spontaneo comprendere che è il semplice mantenimento della vita, cioè propagare la specie.

ETA’ DELLE PIANTE

Teniamo presente che noi siamo qui da circa 300.000 anni mentre le Piante hanno una media di vita sulla terra che varia dai due ai cinque milioni di anni ed alcune, come il Ginkgo Biloba o la Felce, arrivano addirittura a 250/350 milioni di anni. Capiamo bene ora che il Sapiens non è evidentemente ne la più intelligente, ne la più saggia, ne la più forte forma di vita sulla terra.

LA NATURA, LA COMUNITÀ

La Natura funziona in base all’unione fra le differenze e non in base alla lotta del più forte che mangia il più debole. Organismi diversi si uniscono ed ognuno da qualcosa all’altro per produrre possibilità che prima non esistevano. Le Piante si sono evolute per circa 500 milioni di anni per il semplice fatto che hanno capito l’importanza fondamentale della comunità per la vita.

LO SHOW DELLA NATURA

Alcuni trekking escursioni in Romagna alla scoperta della natura LA FORESTA DI CAMPIGNA ED I SECOLARI LA FAGGETA PIÙ ALTA DELLE FORESTE CASENTINESI GLI ABETI DI CAMPIGNA ED I FAGGI DEL MONTE FALCO

In questo blog si fa riferimento agli studi di Stefano Mancuso, primo neurobiologo vegetale.

Lo sai che gli alberi parlano?

E’ per me sempre una meraviglia il risveglio della primavera… Ogni volta che mi fermo sotto un albero e lo guardo e lo tocco, così piccolo sotto di lui e la sua folta chioma di rami e foglie che rinascono, mi meraviglio del lento e inesorabile risveglio dal suo lungo e silenzioso sonno invernale. Gli alberi rinascono e si riempiono di foglie e di linfa vitale e, pur sapendolo, non posso fare a meno di chiedermi, ingenuamente, da dove prendono tutta questa materia? So che sono fatti di acqua, sali minerali, aria e sole, che sono organismi autotrofi e forniscono il cibo per la maggior parte degli altri esseri viventi, in modo diretto o indiretto: ad esempio un’arvicola mangia le faggiole di un faggio e un gufo mangia l’arvicola. Sono delle fabbriche in grado di trasformare acqua + CO2 + raggi solari in zuccheri tramite la fotosintesi, in pratica trasformano acqua gassata in sciroppo di glucosio rilasciando come prodotto di scarto un elemento per noi vitale: l’ossigeno! Eppure guardare gli alberi desta in me ogni volta un senso di meraviglia e piccolezza e mi fa pensare “voi avete molti più anni di me ed vivrete più a lungo di me e quello che vedo di voi è solo una parte dei grandi organismi viventi che siete…“. Le piante le diamo per scontate, considerandole semplicemente come lo sfondo del paesaggio, ma esse costituiscono l’80% della massa vivente del pianeta, mentre solo il 20% è costituito da animali, di cui lo 0,06% è costituito da noi esseri umani. Quando pensiamo a un albero pensiamo a quello che vediamo fuori dal terreno, al tronco, ai rami, alla chioma di foglie, ma è come dire che una persona è solo quello che si vede dal collo in giù. Così come la vera essenza di una persona non sono le sue braccia o gambe o il busto ma quello che c’è dentro la sua testa, il suo cervello e non solo (dove mettiamo le emozioni e i sentimenti?), la vera essenza di un albero, il vero cervello, la vera centrale operativa da cui partono i comandi si trova sottoterra, sono le radici. E’ con esse che una pianta estrae le sostanze nutritive, acqua e sali minerali, e le porta al resto del suo corpo e, viceversa, le foglie tramite la fotosintesi forniscono energia (zuccheri) al resto della pianta. Le piante usano ogni essere vivente per riprodursi e diffondersi, sono loro a gestire l’ambiente e le azioni e i comportamenti di animali e uomini! Non si spostano, sono a crescita continua e potenzialmente infinita, nella gemma contengono un intero ramo e nel seme un intero albero, hanno un sistema vitale come gli animali, con organi, apparati e sistemi, nelle radici hanno il centro di controllo (il cervello?), si creano il cibo da sole, sanno comunicare fra loro, con l’ambiente e con gli altri esseri viventi (per via chimica), hanno dei comportamenti per adeguarsi alle situazioni, sanno cooperare fra stessa specie e specie diverse, sanno dove andare, sia nella parte aerea che sotterranea, scambiano informazioni di continuo anche emettendo suoni a livello radicale, prendono decisioni per risolvere problemi o contrastare situazioni, sfruttano gli esseri viventi per riprodursi, hanno strategie di sopravvivenza, hanno strategie di difesa che coinvolgono gli insetti, imparano e insegnano ad altre piante. Ma per noi umani sono solo piante, solo vegetazione, verde da giardino per abbellire il paesaggio, senza renderci conto ogni giorno che sono una parte fondamentale dell’ambiente naturale che ci tiene in vita. E’ sempre più evidente che noi esseri viventi intelligenti e civilizzati abbiamo un problema con la Natura: ce ne stiamo distaccando, dimenticandoci di essere Natura noi stessi. I nostri ricordi ormai si perdono nelle strade asfaltate delle città in cui viviamo, nel cemento delle case e degli uffici in cui viviamo, nelle luci artificiali piuttosto che sotto la luce del Sole, nella plastica che ci circonda e di cui ci vestiamo, nelle lamiere dei mezzi meccanici in cui passiamo anni per spostarci da un luogo a un’altro, nei monitor dei computer e dei cellulari che guardiamo per ore invece di spingere gli occhi verso l’orizzonte. Ma le nostre radici sono nella Madre Terra, come quelle degli alberi, è da essa che proveniamo e ad essa apparteniamo. L’uomo ha bisogno di Natura e di spazi aperti e quando ci torna sente di essere a casa, perché è lì che è nato, è un richiamo ancestrale. Però il nostro “subconscio ecologico” ricorda, si ricorda del retaggio ancestrale fatto di decine di migliaia di anni vissuti a contatto con la Natura ed è per questo che ci chiama e ci fa sentire bene ogni qualvolta torniamo in relazione con essa. Per questo ci incantiamo di fronte a un bel paesaggio o a un tramonto, ci sentiamo più rilassati e in salute dopo aver camminato in un bosco o aver fatto un bagno al mare o aver respirato aria di montagna. Perché la parte più profonda di noi stessi sa che è alla Natura che apparteniamo e inevitabilmente continua a chiamarci. Per molto tempo abbiamo giocato con la Natura, ma ora è lei che ha iniziato a giocare con noi. Siamo in sua balia, è presuntuoso pensare di poterla controllare, ci abbiamo giocato troppo a lungo e ora si sta prendendo la rivincita. E’ giunto il momento di riconnetterci alla Natura, è per questo che ci sentiamo bene ogni volta che camminiamo sotto degli alberi o in mezzo a un bosco, perché il nostro inconscio ecologico ci ha ricordato che non siamo separati dalla Natura, noi siamo Natura… Ho sempre in mente una frase attribuita al capo indiano Sioux Tatanka Mani (Bisonte che Cammina): “Sai che gli alberi parlano? Sì, parlano. Parlano l’uno con l’altro, e parlano a te, se li stai ad ascoltare. Ma gli uomini bianchi non ascoltano. Non hanno mai pensato che valga la pena di ascoltare noi indiani e temo che non ascolteranno nemmeno le altre voci della Natura. Io stesso ho imparato molto dagli alberi: talvolta qualcosa sul tempo, talvolta qualcosa sugli animali, talvolta qualcosa sul Grande Spirito.“. La Natura è piena di relazioni fra esseri viventi, fra mondo vegetale e animale, relazioni che creano un equilibrio a cui solo noi esseri umani stiamo sempre più sfuggendo, distaccandoci e disconnettendoci sa essa. Relazioni ben riassunte nella preghiera dei nativi d’America Mitakuye Oyasintutti mie parenti“, col significato di tutto è correlato, siamo tutti la stessa cosa. E’ arrivato il momento per noi esseri umani di riconnetterci alla Natura e ritrovare un equilibrio. L’alternativa, come sta già avvenendo con i cambiamenti climatici, è che la Natura si liberi di noi… Vi aspetto in una delle mie escursioni dedicate al contatto con la Natura per scoprire cosa gli alberi hanno da raccontarci! Rimanete aggiornati sulle gite da me proposte visitando la pagina “Emozione Natura – GAE Roberto Ciri” (https://www.facebook.com/EmozioNenaturaGAERobertoCiri/).

Giappone: Antitesi della Sostenibilità

Dopo 31 anni il Giappone ritiene che il rischio estinzione delle balene sia ormai acqua passata e quindi ha appena ricominciato a massacrare queste meravigliose creature. “Nessun problema” invece per i delfini, mammiferi più intelligenti di milioni di uomini, che continuano da sempre ad essere sterminati ogni anno a settembre in una vera e propria mattanza nella baia di Taiji. Il tonno giallo è a rischio estinzione ma nel mercato del pesce di Tokyo continuano ad esserne vendute tonnellate. Cosa vogliamo aspettarci da un popolo che ha deciso di sversare nell’oceano Pacifico 1.000.000 di tonnellate di acqua radioattiva utilizzate per il raffreddamento dei reattori nucleari dopo l’incidente di Fukushima? L’auspicio è che le più stringenti regole della Finanza Sostenibile, che escludono ad esempio dall’universo investibile le società che utilizzano cavie animali, siano adottate sempre da più gestori, mettendo al bando il Governo Giapponese così come lo si fa per quello USA per la pena di morte. Anche questa è sostenibilità, anche questo servirà a ridurre fino ad eliminare questi scempi.

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Scusi…mi riempirebbe la borraccia?

Non mi era ancora capitato in 20 anni in Valle D’Aosta di dover chiedere ad un gestore di un rifugio alpino di riempirmi la borraccia prima della discesa…è accaduto oggi! Ed alla mia richiesta di come mai quella fontana, sempre aperta 24/7 non erogasse più acqua, la risposta è stata:”il ghiacciaio è sempre più piccolo e da lì su non scende ormai più abbastanza acqua” Un cazzotto nello stomaco che ha intristito la mia discesa. La montagna inizia a colorarsi con i colori tipici dell’autunno e lo sguardo è andato verso la vetta del Gran Paradiso il cui ghiacciaio del “Grand Etret” è ormai una piccola frazione di quel che si poteva ammirare un paio di decenni fa. Non voglio rassegnarmi al fatto che il mio bambino di 4 anni non potrà fare un arrampicata con ramponi sul Gran Paradiso anziché sciare sulla Mer des Glaces da Punta Helbronner a Montenvers.

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