Monte Tagliaferro – Una magica salita.

Una magica salita

Contornato da vapori che salgono dalle valli limitrofe, ammiro l’ultimo sole declinante dietro il corno Bianco. La parete nord del Tagliaferro, in questa ora inconsueta si manifesta più tetra e repulsiva, mentre la cresta nord si profila lineare tra la penombra a oriente e la luce dei raggi obliqui del tramonto.
Sono adagiato nella culla che separa la val Montasca dal vallone di Mud, ovattato dal silenzio profondo, in attesa di concretizzare un’idea. Estasiato, mi estraneo dal corpo e i pensieri fuggono lontano …
Destatomi, scorgo il sole sempre più basso a ponente. Devo congedarmi da questa magia se non voglio che il buio mi sorprenda proprio nella parte più difficile della cresta.
Stringo gli scarponi e mi inoltro tra i primi canalini. Poi le prime rocce alternano divertenti passaggi che diventano sempre più esposti man mano che salgo. Le mani palpano la roccia, i piedi si posano delicatamente sulle asperità, il corpo volteggia armoniosamente. Il salire è come fondersi con gli elementi, un divenire parte integrante con la montagna, come i licheni, gli stambecchi, le aquile … Sono così in comunione, che mi stupisco di essere già alla base della temuta placca. Nemmeno lo strapiombo che s’inabissa sulla parete nord inibisce la progressione. Inebriato, aderisco al liscio gneis, saluto il chiodo di rinvio, poi un altro, recupero un cordino dimenticato e proseguo senza esitazioni. Come per magia, gli 80 metri più impegnativi ed esposti sono già alle spalle.
La luce viene meno, le pupille si dilatano per individuare gli ultimi appigli e mentre supero le finali balze della cresta che ormai si adagia, sono pervaso da beatitudine.
Sistematomi tra le piovatte, avvolto nel piumino, contemplo la volta celeste indovinando le costellazioni e penso, ma i pensieri corrono da soli oltre i confini della ragione, oltre alla magia, nell’oblio dell’utopia umana.