Enrosadira, magia delle Dolomiti!

Se c’è un momento in cui le vette e pareti rocciose delle Dolomiti danno il meglio di sé, dal punto di vista paesaggistico e pittorico, è quello del tramonto e dell’alba, quando la gialla roccia “dolomia” si tinge di colori a volte tenui e delicati, altre volte accesi e intensi, tanto da farle apparire come incendiate. Si tratta del fenomeno dell’Enrosadira, dovuto al riflesso della luce solare sulle rocce di dolomia che hanno una dominante giallastra, sebbene durante il giorno appaiono bianche o grigie, motivo per cui hanno meritato il soprannome di Monti Pallidi.

Le Dolomiti costituiscono un “regno” ricco di leggende e anche tale soprannome deriva da una leggenda ladina secondo cui il figlio del Re del Regno delle Dolomiti aveva sposato la Principessa della Luna, ma il principe non poteva sopportare la luce lunare, mentre l’amata si ammalava alla vista delle scure montagne, di conseguenza i due giovani dovevano vivere separati. Un giorno il principe incontrò il Re dei Salvani, uno gnomo in cerca di una terra per il suo popolo. Questi, in cambio del permesso di vivere sulle sue montagne, promise al giovane principe di rendere lucenti le vette del suo regno. Così, in una notte di luna piena, gli gnomi tessero la luce lunare e ne ricoprirono tutte le rocce delle montagne. I due giovani poterono così vivere felici e le Dolomiti presero il nome di Monti Pallidi.

Ma la leggenda a cui è legato il fantastico e coloratissimo fenomeno dell’Enrosadira è quella della maledizione che il Re Laurino gettò sul suo giardino di rose e che, ad ogni alba e tramonto, tinge di rosa, arancio e rosso le pareti rocciose del Catinaccio e di tutte le Dolomiti. Di questa leggenda esistono due versioni: la prima versione narra che sul Catinaccio,
nella Conca del Gartl (letteralmente “piccolo giardino” in lingua ladina) dove oggi sorge il Rif. Re Alberto I, si trovava il giardino delle rose del Re Laurino (da cui il nome tedesco del Catinaccio “Rosengarten“), che regnava su un popolo di nani che scavavano la roccia delle montagne per estrarvi cristalli, oro e argento. Oltre a queste ricchezze possedeva due armi magiche: una cintura che gli dava la forza pari a quella di 12 uomini e una cappa che lo rendeva invisibile. Un giorno il Re dell’Adige decise di concedere la mano della sua bellissima figlia Similde e invitò per una gita di maggio tutti i nobili delle vicinanze. Tutti tranne il Re Laurino, che decise comunque di partecipare come ospite invisibile. Quando sul campo del torneo cavalleresco vide la bellissima Similde se ne innamorò all’istante. Così la caricò in groppa al suo cavallo e fuggì con lei. Tutti i nobili invitati si lanciarono all’inseguimento del
fuggiasco, schierandosi poi all’ingresso del Giardino delle Rose per bloccargli il passaggio. Re Laurino allora indossò la cintura che gli dava la forza di dodici uomini e iniziò a combattere. Quando si rese conto che non poteva battere tutti quegli uomini e stava per soccombere, indossò la cappa che lo rendeva invisibile e si mise a saltellare da una parte all’altra del giardino, convinto di essere invisibile agli occhi altrui. Ma i cavalieri riuscirono ad individuarlo osservando il movimento delle rose sotto le quali Laurino cercava di nascondersi. Lo catturarono, tagliarono la cintura magica e lo fecero loro prigioniero. Re Laurino si girò verso il Catinaccio e il giardino di rose che lo aveva tradito e gli lanciò una maledizione: “né di giorno, né di notte alcun occhio umano potrà più ammirarti“. Ma nell’enfasi della rabbia il re si dimenticò dell’alba e del tramonto e così, da allora, in quei momenti della giornata sul Catinaccio e le Dolomiti Fassane (ma non solo) fiorisce l’Enrosadira e le pareti rocciose si colorano come un giardino di rose.

In base alla seconda versione della leggenda il Re Laurino era un sovrano saggio e buono che aveva una figlia, la bellissima principessa Ladina, e un enorme campo di rose che ella curava assieme al padre. Un giorno passò di lì il principe Làtemar, sovrano dell’omonimo monte, che, vedendo il giardino di rose e domandandosi come potesse crescere in un luogo così selvaggio e inospitale, decise di avvicinarsi. Vide così la principessa Ladina e, innamoratosene, la rapì. Quando Re Laurino venne a sapere che Ladina, che amava più di ogni altra cosa al mondo, era stata rapita, pianse tutte le sue lacrime e, prima di morire per il dolore, maledisse i fiori che avevano rivelato la posizione del suo regno e avevano causato la perdita dell’amata figlia. Poi, dopo aver ordinato che tutte le rose non fiorissero mai più né di giorno né di notte, spirò. Ma nella disperazione si era dimenticato dell’aurora e del tramonto, che da allora ricoprono i monti di rose colorate all’inizio e alla fine di ogni giornata.

L’Enrosadira sulle Dolomiti è uno spettacolo da non perdere e va visto, o meglio vissuto, almeno una volta nella vita di un amante della montagna, al pari delle aurore boreali o di uno splendido arcobaleno. Sono colori della Natura che riempiono gli occhi e pacificano gli animi, ricordandoci la bellezza e la potenza insita della Natura di fronte alla quale non possiamo che sentirci sue piccole e quasi insignificanti parti.

Chi volesse vedere e vivere questo spettacolare momento  non deve far altro che dedicare del tempo per una vacanza sulle Dolomiti o partecipare a qualche escursione dolomitica che si concluda al tramonto. E per gli appassionati di fotografia niente di più bello che fotografare l’Enrosadira al tramonto, magari realizzando un bellissimo time lapse! Rimanete aggiornati sulle escursioni e workshop fotografici da me proposti anche sulle Dolomiti visitando la pagina “Emozione Natura – GAE Roberto Ciri” (https://www.facebook.com/EmozioNenaturaGAERobertoCiri/).

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