Emozioni nel Parco Nazionale della Sila

C’è un luogo in Calabria dove la povertà atavica della regione diventa ricchezza salvifica e salutare.

Benvenuti nell’altopiano della Sila: centocinquantamila ettari di ricchezze naturali e paesaggistiche, uniche nel loro genere, in cui dimorano una grande varietà di specie animali e vegetali. L’unicità di ogni singolo elemento ed, insieme, la combinazione armonica di tutti ha condotto – per tutelare la bellezza e preservare questo imponente patrimonio naturale – all’istituzione del Parco Nazionale della Sila, che, estendendosi sulle tre province di Cosenza, Catanzaro e Crotone, custodisce uno dei più significativi sistemi di biodiversità. All’interno del Parco vi sono nove riserve naturali biogenetiche. Quella introdotta dalle prime righe di questo scritto e che noi vogliamo svelare in tutto il suo fascino e la sua grandezza, è la Riserva Gariglione-Pisarello. Quattrocentocinquanta ettari di paradiso dove la cultura, nel suo più ampio significato, trova casa: storia, tradizioni, leggenda, mito, racconto si intrecciano alle radici degli alberi e irrorano il terreno formando un humus che racconta il passaggio del monaco, il malumore del brigante, il lavoro del carbonaio, la fatica del taglialegna, le teleferiche per il trasporto del legname, i pianti delle madri, le urla dei bambini, l’ululato del lupo, i solchi del cinghiale, le apparizioni e sparizioni dello scoiattolo…

Quando la Natura decise di “progettare” questo angolo di mondo gli assegnò una serie di caratteristiche tutte in sintonia tra loro, a formare insieme un’armonia tale per cui non si può immaginare che non ci sia una mano divina ad essere scesa ben dentro la loro essenza: l’abete bianco, in tutto il suo splendore, deve essere, forziori, stato concepito da un dio dell’armonia perché la sua maestosità e le sue fronde suonano una musica incantevole per l’orecchio umano; il pino Laricio, nella sua unicità, non può che essere il risultato di magnifici composti combinati da schizzi ultraterreni, così come il faggio possente, come la miriade di viole, asfodeli, narcisi, orchidee che, con i loro caldi colori e le loro magnifiche sfumature, popolano la valle durante le fioriture, a primavera. Per non dire della composizione dei colori autunnali che si adagiano come una coperta tirata con cura o dell’infinità di organismi e microrganismi che vivono e rendono puro, con le loro sinergiche azioni, questo intero microsistema.

L’armonia presente ed impalpabile aleggia anche nell’atmosfera: questa zona vanta l’aria più pulita d’Europa.

Il generoso pittore, per non far mancare nulla a questo quadro, ha concesso l’acqua, elemento di vita per eccellenza: il fiume Tacina, nascendo da Timpone Morello, scende a valle, portando nel suo viaggio non solo una svariata fauna acquatica, ma anche, simbolicamente, un turbinio di emozioni e sensazioni che accompagnano tutta la sua discesa.

Queste stesse percezioni sono vissute e sentite dall’escursionista che, in questo posto magico, vive un’esperienza unica: toccare quel suolo non è solo passeggiare, guadare quel fiume non è solo attraversarlo. Essere là, starci, camminare, viverci, sentire gli alberi con la faccia, la terra e le foglie con le mani, gli odori, i rumori, i suoni melodiosi dell’acqua, è vivere un’esperienza sensoriale che abbraccia corpo e mente. Pertanto la passeggiata nella risalita del fiume non è solo un mezzo perché i piedi possano tracciare e lasciare orme indistinte su un terreno fertile e buono, ma anche un’occasione per capire che quotidianamente, dentro e fuori da questo angolo selvaggio e ameno, siamo chiamati ad un unico imperativo categorico: salvaguardare un tesoro, custodirlo, viverlo nella sua fruizione naturale, rispettarlo e consegnarlo a chi verrà dopo di noi non solo come lo abbiamo trovato, ma impreziosito da un valore aggiunto, che è l’aver imparato, stando a contatto con la natura, che la si deve amare e difendere, come si fa con le persone che ci stanno più a cuore!

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